La storia della scarpa

La storia della scarpa

Le antenate delle scarpe risalgono all’epoca preistorica ed erano fatte con pelli di animali, cortecce, fibre vegetali intrecciate, foglie che venivano avvolte attorno ai piedi per proteggerli. Il più antico paio di scarpe in materiale vegetale ha circa 9.000 anni ed è stato ritrovato dagli archeologici negli Stati Uniti d’America. Nelle zone con clima temperato le scarpe erano semplici e simili ai moderni sandali, mentre nelle regioni con clima più freddo si utilizzavano scarpe rivestite. Nella Bibbia si legge di “scarpe da viaggio” oppure di “scarpe femminili di lusso”. Una testimonianza storica dell’uso comune delle scarpe la troviamo durante il periodo egizio (Antico Regno) nella  “tavoletta di Narmer”, che prende nome dal faraone Narmer, che si fa risalire al 3000 a.C.. Su uno dei due lati della tavoletta si vede un servo che offre al faraone un paio di sandali. Verso il 1300 a.C. gli Ittiti idearono il sandalo a punta ricurva, mentre le popolazioni del deserto indossavano sandali infradito con suola molto larga per non affondare nella sabbia. Gli antichi Greci usavano i sandali e gli “upodémata”, calzature costituite da una suola che poteva essere di cuoio, di legno o di sparto (fibra naturale intrecciata) agganciata al piede da cinghie di pelle. Le donne avevano calzature basse di tomaia ma alte sulla caviglia, mentre gli uomini indossavano stivali che coprivano il polpaccio arrivando fino alla coscia. Le scarpe più in voga tra gli antichi Romani erano i sandali, come raffigurato nei dipinti e negli affreschi, ed esistevano svariati modelli di calzature secondo i dettami della moda dell’epoca. Un editto di Diocleziano ( anno 301 d.C.) cita ben 23 modelli di scarpe romane; tra questi “caligae”, sandali militari con suola costituita da tre strati di cuoio, cuciti e imbullettati con chiodi di ferro; “camepagus”,  per l’Imperatore, “udo” in pelo di capra, riservato ai magistrati. Dopo l’Impero Romano, con le invasioni dei barbari  si diffuse l’utilizzo di “uose”  (stivali a mezza gamba) in cuoio foderate di pelliccia. Nel Medioevo la gente comune portava scarpe di legno (zoccoli), di pelle o addirittura pezze di stoffa che venivano arrotolate attorno al piede. Nel 14° secolo in Inghilterra e Francia ebbero successo le “poulaines”, scarpe della nobiltà con la punta lunghissima (fino a 15 cm) e molle. Infatti più la punta era lunga più era nobile la persona che indossava tali calzature. La punta veniva spesso allacciata al malleolo o al ginocchio con una catenella. Solo alla fine del 15° secolo in Francia questa tendenza fu abbandonata sotto il regno  di Carlo VIII di Valois dal momento che, avendo sei dita, doveva portare scarpe dalla punta tronca. Si diffusero così le calzature “a piede d’orso” e “a becco d’anatra” con punte fino a 15 cm di larghezza. Nel 17° secolo le scarpe in Europa vennero progettate con tacchi alti, sia per gli uomini che per le donne. Le esaltò il Re Sole, che era piccolo di statura, decretando che i veri aristocratici dovevano indossare solo scarpe con tacco alto e possibilmente di colore rosso. La scarpa col tacco alto è rimasta fino ad oggi nelle calzature femminili, mentre per quelle maschili il tacco è tornato basso. Nel 18° secolo a Venezia si affermarono le “chopine”, ciabatte con la suola a zeppa, utilizzate dalle dame per non sporcare le scarpe vera durante gli spostamenti da un’abitazione all’altra. Una volta arrivati a destinazione, venivano sfilate per poi essere riutilizzate al ritorno. Più le chopine erano alte, più la dama era nobile ma furono spesso causa di cadute e fratture. A partire dal 19° secolo nei paesi industrializzati le scarpe vennero prodotte in serie in fabbrica.

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