Storia del giocattolo

Storia del giocattolo

Le origini del gioco risalgono ai tempi più remoti. Infatti  attraverso gli scavi archeologici sono venuti alla luce sia giocattoli che raffigurazioni su tombe. I giochi moderni sono molto simili a quelli antichi, alcuni sono rimasti praticamente uguali, come dondolarsi sull’altalena, saltare alla corda, la mosca-cieca, il nascondino, c’erano le bambole, la palla e l’aquilone, gli yo-yo, la trottola, ecc.. Sono state ritrovate raffigurazioni di bambini e bambine, dell’età greca e romana, che giocano agli “astragali” una specie di dadi fatti di osso, considerati per questo il simbolo dell’infanzia. I bambini dell’epoca assieme ai loro genitori costruivano i giochi che, molte volte, rappresentavano strumenti utilizzati dagli adulti per la propria occupazione. Ad esempio: se il padre era un contadino al bambino veniva costruito un piccolo aratro, se militare i giochi erano costituiti da armi di vario genere, se funzionario dello stato riproducevano una controversia in tribunale, oppure una gara tra gladiatori ecc.. Il primo giocattolo veniva regalato alla nascita del bambino proprio quando gli veniva assegnato il nome, oppure venivano donati ai bambini per aver ottenuto buoni risultati scolastici, durante le festività di tipo religioso; venivano regalati giocattoli anche a bambini che si ammalavano per consolarli. I giocattoli avevano una funzione fondamentale in quanto i bambini imparavano a riconoscere i propri ruoli; infatti alle bambine venivano regalate bambole con vestiti e accessori, oppure utensili da cucina in miniatura; ai maschietti si regalavano invece soldatini, carrettini ecc., poi c’erano i giochi comuni in cui sia maschi che femmine giocavano insieme. Durante il periodo Medioevale il gioco e i giocattoli erano indistinti cioè sia maschi che femmine potevano giocare sia con le bambole che a palla oppure a soldatini. Gli studiosi del 1500 cominciavano a discutere del gioco come mezzo per lo sviluppo psicofisico del bambino. John Loche, filosofo e pedagogo inglese nel 1693, scrisse un libro in cui spiegava l’importanza del gioco per un sano sviluppo del bambino perchè attraverso il gioco si aiuta il bambino ad aumentare la propria curiosità che è caratteristica basilare per l’apprendimento del mondo che lo circonda. Nel 1762 Jean Jaques Rousseau scrisse “Emile” un libro in cui parla del bambino come individuo, di come sia importante lasciare che egli esprima liberamente se stesso seguendo il proprio istinto, evitando dunque che la società costringa un soggetto  ad essere ciò che non è, seguendo schemi prefissati. Il libro di Rousseau nonostante il successo ottenuto non riuscì a smuovere i vecchi preconcetti dell’Anglicanesimo Evangelico e del Metodismo in cui veniva  sconsigliato il gioco ed di conseguenza i giocattoli perché, a loro dire, non era corretto stimolare la volontà del bambino, ma anzi andava bloccata. Malgrado ciò la pedagogia andò avanti nella presa di coscienza delle necessità del bambino come individuo, a livello psicofisico. Friederih Frobel, pedagogo tedesco del 1800, parlava del gioco come seme della vita per l’età adulta, di come il gioco influenzi le relazioni con i propri familiari e la società, con gli animali e la natura in genere e con la propria spiritualità. Successivamente fu un susseguirsi di ricerche e studi con idee e metodi innovativi, in particolare Dewey e Maria Montessori che nel 1899 diedero vita al primo museo per bambini il “Children Museum” a Brooklyn.

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